L’edizione 2018 del Salone del Libro di Torino è andata benissimo: 144.386 ingressi, oltre mille in più del 2017 e oltre 15 mila in più del 2016, bilancio in attivo di circa un milione: cifre testimoniate anche dall’overbooking mai accaduto prima di sabato 12 maggio quando i vigili del fuoco, per questioni di raggiungimento della capienza massima, hanno dovuto chiedere la sospensione delle vendite e degli ingressi per un’ora.
Questa edizione è stata organizzata in tandem dal Circolo dei Lettori, della Regione, e dalla Fondazione per la Cultura, facente capo al Comune di Torino, sotto la regia dal presidente Massimo Bray e dal direttore Nicola Lagioia.
Questa aria di festa è stata ben presto funestata dall’annuncio della Sindaca Appendino, durante la conferenza stampa di chiusura del salone, che la prossima edizione verrà organizzata e gestita (per presunte “ragioni tecniche”) dalla Fondazione Cultura.
In questo scenario alla Regione resterebbe poco più che il ruolo di mero finanziatore, suggellato da una convenzione biennale, mentre tutte le altre decisioni spetterebbero alla Fondazione. Ho ritenuto quindi opportuno porre alcune domande alla Sindaca, del tipo “cosa rende preferibile la Fondazione per la cultura al Circolo dei Lettori come soggetto attuatore? Quali questioni tecniche impediscono la nascita di una newco più volte annunciata? Che impedimento tecnico esiste all’ingresso del Comune nel Circolo o della Regione nella Fondazione?” .
Inutile dire che non ho ricevuto alcuna risposta. O almeno, non dalla diretta interessata, bensì – indirettamente – dal presidente Chiamparino. Mi è parso giusto quindi dire la mia in uno spazio gentilmente offertomi da Gabo su Torino, cliccando QUI potete leggere la mia proposta.
Dopo questo scambio, la Regione ha parzialmente rivisto la propria posizione, preconizzando un assetto che coinvolge anche SCR e Circolo dei Lettori. Insomma non c’è ancora molto di definitivo, ma da parte mia resta l’attenzione per il ruolo pubblico nella gestione del Salone.