Il Referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre (si vota in tutta Italia dalle 7 alle 23) è un’occasione che questo paese, a mio avviso non può perdere.
Innanzitutto è compito della nostra onestà intellettuale renderci conto di quale sia il vero oggetto del referendum, al di là delle strumentalizzazioni politiche che troppo spesso ne vengono fatte.
Abbiamo oggi la possibilità, offertaci tramite lo strumento di coinvolgimento più ampio e diretto che la nostra democrazia ci mette a disposizione, di scegliere fra due visioni del nostro paese e dell’impianto delle nostre istituzioni. Da un lato troviamo la visione che già conosciamo, quella attuale caratterizzata dal bicameralismo perfetto che tanto spesso ha comportato degli inconvenienti da più parti stigmatizzati, quali ad esempio la lentezza del percorso legislativo, l’abuso della decretazione d’urgenza, gli alti costi della politica. Dall’altro lato troviamo una visione nuova, che probabilmente non rientra nei canoni della perfezione (che per fortuna non è umana), ma che nasce dalla volontà di correggere esattamente tutte queste contraddizioni che spesso abbiamo rilevato.
Il bicameralismo differenziato delineato dalla proposta di riforma costituzionale in esame permetterebbe di:
- razionalizzare, semplificare e velocizzare il processo legislativo affidando un ruolo specifico e centrale alla Camera dei Deputati,
- riordinare le competenze e il ruolo delle autonomie locali, prevedendo il Senato delle Regioni e ripartendo con grande chiarezza le competenze fra lo Stato e le Regioni.
La chiave di lettura di questo referendum deve essere quindi, a mio avviso, centrata su come intendiamo vedere e costruire il futuro di questo paese. Se il nostro interesse primario è quello di realizzare le riforme e le leggi di cui l’Italia ha bisogno per essere un paese competitivo e in crescita, allora questa occasione è centrale e non dobbiamo lasciarcela sfuggire. Se invece il nostro interesse è conservare gli equilibri così come sono, lasciare che il potere della burocrazia rallenti lo sviluppo, avallare le battaglie di chi ritiene che la rappresentatività debba prevalere sulla governabilità e quindi sostenere una politica che parla di sé stessa molto più che dei veri problemi dell’Italia, allora possiamo lasciar andare questo appuntamento.
In questo quadro, io non ho dubbi su dove stare e il mio sì è, alla luce di ciò, è sempre più fermo e convinto.