Alla fine di luglio, dopo un iter estenuante (25 sedute, più di 500 emendamenti), abbiamo approvato la legge di riordino degli enti gestori delle aree protette (ridotti da 14 a 11) e del sistema dei Sacri Monti, patrimonio Unesco, che passano all’Assessorato regionale alla cultura.
La comunità del parco, costituita dai sindaci dei Comuni su cui insistono le aree protette, e un presidente scelto tramite bando avranno in carico la gestione delle aree, coadiuvati da una Consulta di tutti i soggetti portatori di interessi collettivi legati al parco.
Ma soprattutto il Parco del Po cuneese cambia pelle: diventa un parco alpino all’altezza della fama che ha il suo simbolo, il Monviso, includendo il bosco dell’Alevè e le Grotte di Rio Martino, l’area del Pian del Re, le aree protette dalle direttive Habitat e Uccelli, porzioni di Val Varaita, le aree contigue lungo il Po.
Non è stata una passeggiata e non poteva esserlo. Si parlava della terra, di interessi in conflitto, di attività dell’uomo da condurre con lo sguardo al futuro, di un nuovo tipo di turismo non più legato solo alle seconde case e agli impianti a fune, della scommessa sulla possibilità di fare del parco uno strumento di sviluppo e non vincolistico. Si parlava a un territorio vasto dove è ancora facile, nel passaggio dal campanile alla rete di comuni, cadere nella logica del confronto-scontro tra alta e bassa valle.
Gli ordini del giorno che abbiamo approvato ci consegnano non la fine di un percorso legislativo, ma l’inizio di una rivisitazione e una valorizzazione complessiva del sistema parchi che ci impegnerà ancora a lungo.