[Articolo del 27/09/2018 per Nuova Società]
Se l’idea dell’Assessora Lapietra andrà in porto l’accesso al centro di Torino, dal 2019, diventerà a pagamento. Lapietra ed Appendino hanno dichiarato che questa proposta ha lo scopo di ridurre l’inquinamento, ma è davvero così?
Per inquadrare la questione è utile innanzitutto avere qualche dettaglio in più su questa manovra.
Dalle prime stime dell’ufficio ai trasporti della Città di Torino risulta che questa “tassa sul centro” porterebbe almeno 6,3 milioni di euro in più all’anno nelle casse comunali, ovviamente solo dopo che saranno andati a regime gli investimenti necessari per far funzionare il meccanismo dei controlli degli ingressi (telecamere, lettori Telepass, piattaforma web per il controllo dei dati gestita da un team di oltre venti nuovi addetti, nuovi parcometri).
Dalle rilevazioni delle centraline di controllo dell’inquinamento risulta invece che le zone della città maggiormente colpite sono attualmente Grassi e Rebaudengo, ovvero tutt’altro che la zona centro. Ne consegue quindi che la motivazione di lotta all’inquinamento è piuttosto debole, mentre appare molto più convincente la stima economica di questa mossa, che servirebbe quindi al Comune di Torino a fare cassa (come se non bastasse la stretta sulle multe di cui la Sindaca si è più volte vantata fin dal suo insediamento).
Ora, per correttezza, sarebbe necessario anche chiedersi, su chi andrà a gravare questa tassa. In Italia vi sono già altre città che sono ricorse al cosiddetto road pricing (tradotto “strade a pagamento”), una su tutte Milano. È chiaro però che il pagamento dell’ingresso alla zona centro di Milano è una misura pensata soprattutto per chi arriva da fuori Milano, ovvero per tutti coloro che si recano nella città con frequenza non regolare per motivi di lavoro o shopping e che comunque non vi abitano.
Questo perché nel capoluogo lombardo la rete dei trasporti pubblici ha dimensioni maggiori di quelle torinesi: fra bus, treni, metropolitana e tutte le forme di sharing dei mezzi di trasporto, la macchina è davvero l’ultima delle soluzioni. Il che significa che andare in centro a Milano è generalmente una scelta e non una necessità.
Il centro di Torino, lo sanno bene gli abitanti di tutta la Città Metropolitana, è invece frequentato principalmente da residenti di Torino e provincia, per ragioni di lavoro o per acquistare nei negozi. Da qui deriva viene ovviamente anche il secondo problema, quello manifestato dai commercianti che giustamente temono un crollo verticale delle vendite.
Infine c’è un tema, per niente trascurabile, che emerge ogni qualvolta si introduce una tassa, ovvero quello della discriminazione fra chi potrà permettersi la spesa e chi non potrà farlo. È prevedibile quindi che questa manovra avrà conseguenze negative soprattutto nei confronti delle persone che provengono dalle zone più lontane dal centro (chi vi abita vicino ci mette meno a raggiungerlo con i mezzi che in macchina), che spesso sono anche quelle peggio servite dai bus, e di solito devono prendere l’auto per muoversi verso il centro nella speranza di fare più in fretta che con altri mezzi.
Il rischio che si corre è quindi quello di creare una ulteriore ghettizzazione delle periferie, anche perché l’Assessora Lapietra sull’utilizzo dei soldi potenzialmente ricavabili dalla tassa ha previsto per ora solo investimenti su “mobilità sostenibile e mezzi pubblici del centro”.
È quanto meno paradossale che un’amministrazione comunale che ha vinto le elezioni cavalcando lo scontento delle periferie proponga oggi una manovra del genere, inoltre è ovvio chiedersi come si possa decidere di far partire la lotta all’inquinamento proprio dal centro che è l’unica zona della città in cui ad oggi vi sono quotidiani blocchi del traffico.
Il timore che dietro questa manovra ci sia un interesse di cassa più che un’attenzione all’ambiente è quindi legittimo ed elevato, sta ora ad Appendino e alla sua giunta scegliere se modificare la strategia o se finalmente raccontarla per quello che è: un modo come un altro per far entrare soldi al Comune scaricato, tanto per cambiare, sulla pelle di chi è già in difficoltà.
*di Daniele Valle e Nadia Conticelli