“Il declino culturale di Torino” la lettera di Antonella Parigi
Il 9 aprile 2019 il Corriere della Sera ha pubblicato una lettera di Antonella Parigi, assessore uscente alla Cultura della giunta Chiamparino, che racconta il difficile rapporto con il Comune di Torino in questi anni. Sono stati tempi difficili, di diffidenza e di lunghi silenzi, noi come Regione ce l’abbiamo messa tutta per non lasciare mai sola Torino.
“Ho letto con attenzione il lungo articolo dedicato alla cultura e al suo rapporto con il turismo. Mi permetto di esprimere alcune opinioni in merito facendo una doverosa premessa: non bisogna confondere Torino con il Piemonte. Il Piemonte è composto da situazioni molto diverse tra di loro, con storie e contesti che vanno analizzati in profondità singolarmente. Concentrerò dunque la mia attenzione su Torino, cominciando con il dire che ha perfettamente ragione Gabriele Ferraris quando afferma che è cambiata la narrazione sulla città. Ha torto nel dire che io mi stupisco: ne sono perfettamente consapevole e dal 2016 ho registrato l’affievolirsi del posizionamento culturale della città di Torino.
Da cosa deriva questo? Provo ad offrire la mia opinione:
1. Il primo gesto è stato separare la delega della cultura dalla delega del turismo. È legittimo ma comporta dire che la cultura non è motore del turismo. D’altra parte nella campagna elettorale della sindaca Appendino le code ai musei sono state il simbolo di una città che aveva dimenticato le periferie. Così l’impostazione della nuova giunta è stata quella di una cultura pensata non per attrarre turisti ma per ricucire la città. Il simbolo di questa visione è “Luci d’artista: molte sono state spostate in periferia e questo ha fatto sì che che se ne perdesse il senso unitario e di circuito pensato anche per la visita della città. Non sta a me dire se questa scelta abbia migliorato la vita delle periferie.
2. Non conosco nessun settore commerciale e industriale che cresca in assenza di investimenti. Quali sono stati gli investimenti in cultura in questi anni a Torino? Le istituzioni culturali sono state faticosamente in piedi a fronte di bilanci sempre più risicati. Io stessa ho fatto una scelta molto precisa: rinunciare a velleità da assessore per tenere in piedi il sistema culturale della città. Come Regione siamo intervenuti in molti ambiti per sostenerlo. Tutta l’arte contemporanea è sostenuta dalla Regione, il sistema cinema, il sistema teatrale, abbiamo aumentato la contribuzione a Musei e mostre (peraltro senza tanta riconoscenza, come dimostra il caso Fondazione Torino Musei), dato un contributo straordinario al Teatro Regio. Ricordo che la Regione contribuisce al Salone del Libro con 1,2 milioni di euro, a fronte dei 700.000 della città (che peraltro l’anno scorso sono stati 300.000,00). E temo che non sia finita perché vorrei sapere se il bilancio del 2019 della Città preveda nuovi tagli: a prima vista sembrerebbe di sì, ma potrei sbagliarmi.
3. Torino aveva un posizionamento culturale legato alla sperimentazione, alla capacità di produrre nuovi contenuti anche mirati ad un pubblico giovane. Più Berlino che Parigi per capirci. Oggi si pensa ad un capodanno per famiglie. Senza contare che oggi non abbiamo nessun luogo in cui ballare. Sono scelte legittime, ma cambiano il posizionamento della città, ovvero i motivi per cui le persone vengono a Torino.
4. La dinamicità di una città è data non solo dagli eventi, ma da un insieme complessivo di azioni che danno il tenore di ‘energia’ di una città. Non sono io a dover notare che da più parti è stato evidenziato un rallentamento della spinta energetica e di cambiamento che aveva attraversato Torino negli anni passati.
5. Il vituperato «sistema Torino» si è sgretolato. Oggi la sensazione è che ognuno vada un po’ per conto suo. Nessun ente può sostituirsi alla capacità di regia di una città: né la Regione, né l’Unione Industriale, né la Camera di Commercio, né le fondazioni bancarie. Bisogna tornare a scrivere un piano strategico che tenga insieme le diverse visioni della città. E lo deve fare la Città di Torino.
6. Le istituzioni sono fatte di donne e di uomini che le dirigono: in molti casi abbiamo rinunciato all’eccellenza, e anche questo vuole dire.
7. Sulla Reggia di Venaria: il calo dei visitatori è dovuto in gran parte alla chiusura del villaggio di Babbo Natale, Ma certo bene non ha fatto il lungo dissidio tra Direttore e CdA. In ogni caso è evidente che di questo cambiamento nel posizionamento di Torino risentono i musei più legati al turismo, e Venaria è tra questi. Ringrazio il Corriere Torino per aver parlato di cultura. Perché la parola cultura è scomparsa dal dibattito nazionale, ma è scomparsa anche da quello cittadino. Non si tratta solo di programmi politici, ma anche sui media cittadini l’attenzione si è affievolita. Si preferisce parlare di marciapiedi rotti o di buche nell’asfalto. Temi non certo da tralasciare, ma che non rendono giustizia alla mia città, che, vorrei ricordare, non vuole avere un destino da città di provincia.“
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!