Ho letto con interesse (o nostalgia?) l’ultimo pezzo dello Spiffero sul decentramento torinese, intitolato “Divide et impera, caos decentramento”.
La domanda fondamentale credo che sia: serve che il Comune di Torino articoli la sua organizzazione amministrativa e politica in sub-unità (posto che tutte le grandi città del mondo si organizzano in questo modo e la legge, comunque, ci obbliga a farlo)? Secondo me sì: diversi servizi hanno una dimensione di gestione ottimale inferiore a quella del Comune e la suddivisione avvicina il servizio al cittadino sia fisicamente sia sotto l’aspetto della partecipazione al momento della decisione.
Sfatiamo due miti. Uno. L’aggregazione maggiore non è sinonimo di maggior economicità: lo ricorderanno bene i consiglieri Paolino, Alunno e Trombotto, in allora presidenti, quando a parità di stanziamento venne decentrato alle circoscrizioni il servizio di manutenzione del verde. Da un anno all’altro il servizio migliorò per efficienza e soddisfazione della cittadinanza.
Due. Distinguere livelli differenti tra partecipazione/politica e organizzazione amministrativa è un non senso: nessuno ha interesse a partecipare là dove non si decide ed è anche in questa prospettiva che si spiega il progressivo svuotamento dei tradizionali (e obsoleti) strumenti di partecipazione che il nostro Statuto prevede.
Sarebbe quindi opportuno partire da quali compiti, quali servizi vogliamo avvicinare al cittadino, alla ricerca di servizi più efficienti, più accessibili e più democratici e, una volta individuati, delineare lo strumento adatto a gestirli. Cioè quante Circoscrizioni, disegnate come e con quali strumenti di governo.
Qualche proposta:
– Riportare al centro le competenze rese inattuali dalla mancanza di risorse, quali ad es. i laboratori pre-professionali;
– Eliminare i casi di decentramento solo amministrativo e non politico: per es. non ha più senso la dipendenza dei servizi sociali dalla Circoscrizione, fatti salvi una presenza diffusa sui territori degli sportelli d’accesso e un necessario raccordo per le attività di interesse locale, in ottica di sussidiarietà con le associazioni del territorio;
– Rivisitare completamente l’attuale sistema dei pareri. Da un lato sono necessari per una casistica troppo ampia, con conseguenti aggravi burocratici (si pensi a tutte le modifiche di regolamenti anche minime, anche di mero recepimento di legge), rispetto alla quale sarebbe opportuno introdurre limitazioni o il filtro della Conferenza dei Presidenti. Dall’altro lato, il fatto che siano non vincolanti su alcune materie di stretto interesse territoriale (ad es. le manutenzioni straordinarie del suolo o le trasformazioni urbanistiche di interesse locale) svuota completamente il contenuto della partecipazione. Non si tratta di “far decidere” la Municipalità, ma di introdurre meccanismi che coartino Centro e Periferia a trovare un accordo sulle questioni di interesse comune, peraltro su interventi in cui il mancato accordo (e la conseguente non – azione) lederebbe entrambi. Si noti bene che qua non si parla di soldini, ma di politica;
– Risolvere in un senso o nell’altro i casi di competenze sovrapposte, dove Comune e Circoscrizioni svolgono gli stessi interventi, come con i laboratori scolastici, la promozione commerciale;
– Assegnare alle Circoscrizioni la completa competenza sulle strutture sportive e aggregative di interesse locale, evitando doppi passaggi o che il Comune di Torino si trasformi in una proloco. Il Consiglio Comunale ha trovato il tempo di emanare un regolamento sui Centri di Incontro (competenza assegnata alle Circoscrizioni, trattasi di locali circoscrizionali, dove la popolazione prevalentemente anziana si ritrova per giocare a carte, fare ginnastica e altre attività ricreative) o ha mantenuto in capo a sé la fondamentale competenza sulle concessioni alle bocciofile di quartiere (quelle senza attività di ristorazione, spesso ospitate da un prefabbricato 5×10);
– Costruire percorsi di responsabilizzazione finanziaria, riconoscendo entrate autonome alle Circoscrizione e diminuendo i trasferimenti. Ha senso che i proventi delle concessioni locali delle Circoscrizioni vadano in Comune e contestualmente che sian gli enti decentrati a decidere sulle gratuità?
Di qua in poi si può cominciare seriamente a discutere di numeri, confini e organi delle future municipalità, rilevando come alcuni confini esistano già (ha senso che una circoscrizione insista su due ASL? O ignorare “confini naturali” come fiumi, ferrovie o grandi corsi?) e come le aree metropolitane vicine a Torino per dimensione (e che hanno rivisto lo Statuto più recentemente) abbiano compiuto scelte vicine alle nostre: Milano, con 1.200.000 abitanti, è suddivisa in 9 Zone, con una dimensione media di 135.000 abitanti. Il processo di riforma in corso prevede l’istituzione delle Municipalità entro il 2016, che passeranno a 12-13 (100.000 – 90.000 ab. in media). Genova è suddivisa dal 2006 in 9 Municipi, con una popolazione media di circa 65.000 abitanti. Napoli conta dal 2005 10 Municipalità, di dimensione media leggermente inferiore ai 100.000 abitanti.
Chi ha fatto il salto alla Municipalità, ha più o meno mutuato l’organizzazione delle città di egual dimensione, superando così le farraginosità attuali: non sempre bisogna inventarsi chissaché.
Se però costruiamo il confronto necessario a questa importante riforma sui numeri ridicolmente parziali, che l’articolo citava in apertura e che da qualche tempo sento ripetere ossessivamente come le pecore della Fattoria degli animali, diventa difficile discutere seriamente.
Qualche dato integrativo rispetto al “costano 2,6 milioni e gestiscono direttamente meno di 7 milioni di euro”: quei 7 milioni non includono i costi del personale delle Circoscrizioni (poco meno del 20% del totale del Comune), le utenze, le manutenzioni ordinarie del suolo (che pure vengono gestite in toto dal personale tecnico delle Circoscrizioni), i fondi dei servizi sociali (che pure vengono gestiti dal personale in forza ai servizi sociali delle Circoscrizioni) e tanto altro.
Nel bilancio comunale di 1,3 mld del Comune, sono inclusi invece personale, mutui, utenze, trasferimenti da altri Enti e vincolati et cetera. Numeri un po’ viziati?
Il personale delle Circoscrizioni conta oggi su 14 posizioni dirigenziali per poco meno di 2000 dipendenti. Nessun settore comunale può vantare un miglior rapporto dirigenza/personale. Che facciamo, adeguiamo?
Le Circoscrizioni si occupano oggi di alcuni servizi quali anagrafe, occupazioni suolo pubblico, passi carrai, spunta per i mercati, graduatorie degli asili… Non sono soldi, ma sono servizi: quindi non li consideriamo?
Credo ci siano il tempo e la disponibilità politica di tutti gli attori coinvolti a rimettere mano all’organizzazione del decentramento torinese, la cui difficoltà ad adempiere ad alcune delle funzioni che gli eran state assegnate è evidente. Serve però entrare nel merito.
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