Essere Matteo Renzi
Da www.linkiesta.it
Essere Matteo Renzi. Chissà, qualcuno, probabilmente, avrà persino pensato di entrare per quindici minuti nella sua testa. Soprattutto dopo le primarie. In tanti, a sinistra (vabbè, dopo lo sfregio gaberiano ad opera di Veltroni e Bertinotti, basta con la sinistra e con la destra). In tanti, tra gli elettori delle primarie del Pd, e non solo, si sono chiesti come mai quel presunto arrogantello, berlusconiano in sedicesimi, ma pure in ottavi, non avesse ribaltato il tavolo, non se ne fosse bellamente fregato delle intenzioni sbandierate in campagna elettorale e non avesse, di conseguenza, lasciato la casa madre per approdare chissà dove, sicuramente un po’ più a destra (essì, perdonatemi).
Perché, si sa, in politica le parole, chiamiamole anche le promesse, contano zero. Se non le mantieni, sei un bugiardo ma dritto. Se ti mostri coerente, sei considerato fondamentalmente un pivellino, uno che non andrà mai da nessuna parte. Come, in soldoni, qualche tempo fa scrisse Giuliano Ferrara.
Il punto è che osservando le mosse di Renzi negli ultimi tempi, diciamo un po’ alla generale Kutuzov, e guardandolo ieri sera nello studio di Daria Bignardi, potrebbe anche sorgere il dubbio che il sindaco di Firenze ci abbia visto giusto, eccome. Tre mesi fa era il diavolo, ha condotto una campagna elettorale praticamente da solo contro l’apparato del Pd ed è stato sconfitto 6-4, facendo perdere la testa – per la prima e unica volta sin qui – al sempre placido e rassicurante Bersani. Tre mesi dopo, quel segretario che – facendo appello al suo bagaglio vetero – lo attaccò in maniera scomposta sui suoi rapporti con la finanza delle Cayman oggi si ritrova con una grana mica da ridere in casa e proprio sugli intrecci con le banche. Ed è costretto a “pregarlo” di dargli una mano perché la sua sinistra (ops) è col fiato corto.
Non solo. Tre mesi fa proprio quelli che erano con lui – in quella famosa cena – pochi giorni dopo la sua sconfitta sono andati a bussare da Mario Monti. Persino l’illustre Davide Serra oggi si mostra, con la discrezione che lo contraddistingue, montiano. A conferma, come del resto ha riconosciuto lo stesso Renzi, che quella serata fosse sbagliata nella forma. Ma gli errori servono, anche a capire chi sono i tuoi presunti compagni di viaggio.
Renzi è rimasto lì, sulla sponda del fiume. Prima a contare tutti (e sono stati tantissimi) i voti ricevuti e poi ad osservare lo spettacolo di arte varia di uomini innamorati del potere. Del resto se la sua arma più efficace era ed è l’età, perché non sfruttarla? Il sindaco ha impartito lezioni a tutti. Innanzitutto ai suoi avversari nel Pd. Non se n’è andato, non ha creato una corrente, non ha sgomitato per “sistemare” i suoi, e adesso si batte affinché Bersani abbia la sua chance di governare. Insomma, un extraterrestre per l’Italia. Diciamolo, un cretino.
E invece è in questi mesi che Renzi sta costruendo il suo successo politico. I leader, e gli uomini, si riconoscono nella capacità di nuotare controcorrente, lontano dai riflettori. È stata una campagna “rivoluzionaria” la sua, quella per le primarie. Ha mostrato che in Italia un’altra sinistra (a ridaje) è possibile. E piace anche. Perché il 40% è tanto, tantissimo, nelle sue condizioni. Ha mostrato una fotografia e poi l’ha riposta nel cassetto. Che cosa avrebbe dovuto fare? Portarla in braccio a Monti? Il professore gliel’avrebbe stravolta, Casini ne avrebbe cancellato un pezzo, Fini scarabocchiato un altro.
No, il coraggio e la lungimiranza non sono di chi si agitano per un posto al sole. Sono di chi, invece, non intende negoziare la propria immagine del Paese. Elloso, c’è forse troppa enfasi. Ma quella di Renzi è una lezione fin qui unica per la politica italiana. Ha riposto la foto nel cassetto, ma non l’ha rinnegata. Verrà il tempo, molto presto, in cui potrà tirarla fuori. Del resto, non occorre essere un rabdomante della politica per comprendere che la prossima legislatura non avrà poi tanta acqua. E non solo perché siamo di fatto di fronte a una campagna elettorale dall’esito scontato. Ma perché la grande coalizione che ci governerà tra un paio di mesi avrà il fiato corto. E, come scritto oggi da Verderami sul Corriere, anche l’alleanza Casini-Monti è molto più friabile di quel che si possa pensare.
Verrà il giorno in cui il sindaco di Firenze potrà tornare sulla scena. A quel punto sì, dovrà strappare. Senza voltarsi mai indietro. Annusato il momento giusto, dovrà sferrare l’attacco decisivo e risolutore. D’incanto ritroverà quel 40% e scoprirà che nel frattempo tante resistenze si saranno attenuate. Ed essere Matteo Renzi potrebbe diventare di tendenza.
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