I temi principali della riforma costituzionale che andremo a votare con il Referendum del 4 dicembre, sono ormai da moltissimi anni in discussione nell’ambito dei partiti di centrosinistra che sono stati protagonisti della vita politica del nostro Paese. Questa è semplicemente la prima volta che un testo viene presentato e votato dal Parlamento, ma non è sicuramente la prima che tali argomenti vengono discussi, anche in modo approfondito, nelle sedi di partito e nei luoghi di elaborazione politica.
Molto interessante è un passaggio del programma, sul superamento del bicameralismo perfetto, che Prodi presentò nel 1996 (ben 20 anni fa) con l’Ulivo:
Il Senato dovrà essere trasformato in una Camera delle Regioni, composta da esponenti delle istituzioni regionali che conservino le cariche locali e possano quindi esprimere il punto di vista e le esigenze della regione di provenienza. Il numero dei senatori (che devono essere e restare esponenti delle istituzioni regionali) dipenderà dalla popolazione delle regioni stesse, con correttivi idonei a garantire le regioni più piccole. Le delibere della Camera delle Regioni saranno prese non con la sola maggioranza dei votanti, ma anche con la maggioranza delle regioni rappresentate. I poteri della Camera delle Regioni saranno diversi da quelli dell’attuale Senato, che oggi semplicemente duplica quelli della Camera dei Deputati. Alla Camera dei Deputati sarà riservato il voto di fiducia al governo. Il potere legislativo verrà esercitato dalla Camera delle Regioni per la deliberazione delle sole leggi che interessano le regioni, oltre alle leggi costituzionali.
Ma questo è solo l’inizio. Nel 2001 ritroviamo, nel programma elettorale di Rutelli, queste righe a pag. 26-27:
L’ordinamento italiano va allineato a quello dei paesi europei di democrazia consolidata, studiando forme di partecipazione di Parlamento e Regioni alle decisioni comunitarie, e definendo modalità di raccordo tra Stato e Regioni per l’attuazione di normative e decisioni dell’Unione Europea il nostro nuovo ruolo internazionale ci impone inoltre decisioni rapide e tempestive laddove l’Italia sia chiamata ad assumere particolari responsabilità per la difesa e il consolidamento della pace e della convivenza civile. La prossima legislatura deve quindi portare a termine col concorso di maggioranza ed opposizione la modernizzazione istituzionale del paese in armonia con la costruzione dell’Europa politica.
Intendiamo garantire la trasformazione del Senato in una Camera federale coerente con la legge sul federalismo e corrispondente alle tradizioni del nostro paese. Ad un Parlamento riformato, autorevole nel suo ruolo di indirizzo e controllo, numericamente ridotto nel numero (la Camera federale non deve superare i 100) deve corrispondere un Governo con maggiore responsabilità ed autonomia con al centro il Primo Ministro, capace di svolgere un ruolo di coordinamento tra Stato centrale, Unione Europea e sistema delle Regioni e delle Autonomie.
Ancora nel Programma elettorale di Prodi “Per il bene dell’Italia”, anno 2006, pag. 5:
Un nuovo Senato per regioni ed autonomie.
La riforma del titolo V realizzata nel 2001 dal governo di centro-sinistra ha ristrutturato profondamente lo Stato in senso autonomistico e pluralistico. La riforma federale, però, non si è compiuta: il centrodestra non ha infatti fatto seguire la predisposizione degli strumenti necessari. Bisogna coinvolgere le autonomie territoriali nella definizione dell’indirizzo politico nazionale.
Per fare questo è necessario completare la riforma superando l’attuale bicameralismo paritario ovvero istituendo un Senato che sia camera di effettiva rappresentanza delle regioni e delle autonomie. .
Noi intendiamo invece realizzare un efficace bicameralismo differenziato attraverso un Senato che sia luogo di effettiva rappresentanza delle autonomie territoriali. Crediamo che i senatori debbano essere effettivi rappresentanti degli interessi del loro territorio. Il numero dei senatori sarà ridotto a 150”.
In una giornata storica, il 27 giugno 2007 Walter Veltroni, nel discorso del Lingotto, disse:
“Perché se i parlamentari eletti direttamente sono 577 in Francia, 646 in Gran Bretagna, 614 in Germania e 435 negli Stati Uniti in Italia devono essere quasi mille tra deputati e senatori? Perché una legge per essere approvata deve passare una o due volte in due rami del Parlamento? Perché il governo non può vedere approvate o respinte le sue proposte di legge in un tempo certo? Perché il Presidente del Consiglio non ha il potere di proporre lui al Presidente della Repubblica la nomina o la revoca dei ministri? Perché non ridurre a tutti i livelli la numerosità degli organismi elettivi? Perché una volta sviluppato tutto il necessario confronto in commissione non approvare la legge finanziaria senza lo stillicidio degli emendamenti in Aula?
[….] L’Italia è diventato il paese in cui tutti a tutti i livelli hanno il diritto di mettere veti e nessuno ha il diritto di decidere”.
Poi siamo diventati Partito Democratico e in occasione delle primarie del 2009 nella mozione Bersani (responsabile programma Walter Tocci) si leggeva questo:
Il federalismo responsabile e solidale è la rotta da seguire per avvicinare le istituzioni ai cittadini. Esso affonda le radici nel patrimonio delle culture autonomistiche e popolari di cui siamo eredi. Le sfide per l’immediato futuro si chiamano attuazione del federalismo fiscale, razionalizzazione e riforma delle autonomie locali, trasformazione del Senato in Camera delle regioni e delle autonomie.
E ancora nel 2010, nei documenti e nei verbali dell’assemblea nazionale 21-22 maggio “Prepariamo giorni migliori per l’Italia”:
[…] Proporre una netta differenziazione tra il sistema elettorale della Camera, che deve favorire la costruzione nelle urne di una maggioranza di governo, e il sistema elettorale del Senato, che deve favorire la rappresentanza dei territori. […] Per il Senato, che dovrà rappresentare le regioni e le autonomie locali, sarebbe positiva l’elezione diretta in collegi regionali, insieme alla elezione del consiglio regionale, con sistema proporzionale e clausola di sbarramento. In entrambi i casi devono garantire il rispetto dell’art. 51 della Costituzione.
Divieto di doppio mandato. Costituzionalizzare il divieto di conflitto di interessi per tutte le cariche di governo nazionale, regionale e locale.
Riforma del bicameralismo paritario. Particolarmente impegnativa è la riforma del bicameralismo paritario.
La Camera dei Deputati, rappresentante della nazione, sarebbe titolare del rapporto fiduciario; rientrerebbe perciò nelle sue competenze conferire o ritirare la fiducia, approvare in via definitiva le leggi, con maggioranza qualificata quando intende superare le proposte correttive del Senato. Il Senato, rappresentante delle Regioni e degli Enti Locali, avrebbe il potere di richiamare tutti i pdl approvati alla Camera entro i limiti e alle condizioni fissate in Costituzione; dovrebbe inoltre governare il rapporto tra Stato Regioni, Autonomie locali.
Nel 2013 primarie Renzi/Cuperlo/Civati, nella mozione di Cuperlo:
E’ necessario il superamento del bicameralismo paritario e la riduzione del numero dei parlamentari, da affiancare alla riforma del titolo V e alla istituzione di un Senato delle regioni e delle autonomie. Lo sviluppo anomalo del federalismo italiano è stato uno dei fattori che hanno contribuito a portare la spesa pubblica fuori controllo, ad aumentare inefficienze e clientelismo”.
E nella mozione di Civati:
“È auspicabile la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie che possa funzionare da punto di raccordo e di compensazione tra istituzioni nazionali e regionali, mentre è sbagliato privarsi dell’istituzione del Presidente della Repubblica di garanzia come delineato dalla Costituzione per andare verso un (semi-) presidenzialismo”.
Elezioni del 2013. Il programma allegato alle liste della coalizione dei democratici e dei progressisti che includeva anche i parlamentari di SEL e dell’attuale Sinistra Italiana, afferma testualmente:
“sulla riforma dell’assetto istituzionale siamo favorevoli a un sistema parlamentare semplificato e rafforzato, con un ruolo incisivo del Governo e la tutela delle funzioni di equilibro assegnate al Presidente della Repubblica. (…) Daremo vita a un percorso riformatore che assicuri concretezza e certezza di tempi alla funzione costituente nella prossima legislatura”.