Aumentare la spesa pubblica a vantaggio di tutti e non di qualcuno
[Articolo del 01/10/2018 per Nuova Società]
Oggi in prima commissione abbiamo approvato un piano biennale di investimenti sul Piemonte di 158 milioni di euro, tutti in una volta, tutti entro il 2019.
Una prima tranche, di 83 milioni di euro, completamente finanziati con mutui regionali, si divide in quattro linee di intervento: ripristino ambientale per 3 milioni di euro, interventi sull’edilizia scolastica per 4 milioni di euro, interventi nella cultura e nel turismo, con 12 milioni.
Tra questi ci sono 3 milioni di euro per il museo del tartufo di Alba e quello diffuso di Montà, 300.000 euro per il teatro Isabella di Torino, 200.000 euro per la valorizzazione della Certosa Reale di Collegno, 300.000 per l’Oratorio San Filippo di Chieri, 550.000 per il museo della ceramica di Castellamonte, 600.000 per l’ostello per i pellegrini della via Francigena a Chiusa San Michele.
E oltre 64 milioni sulla messa in sicurezza del territorio e della sua viabilità tra cui, oltre agli interventi di alta priorità sul dissesto idrogeologico e la viabilità, sono comprese anche risorse per le piste ciclabili (2,8 milioni, di cui 1,5 per la ciclabile della bassa Val Susa) e per esaurire la graduatoria ex legge 18 su progetti dei comuni (13,5 milioni). A questi si aggiungono altri 75 milioni di fondi FSC sulla messa in sicurezza delle strutture viarie e delle zone soggette a dissesto idrogeologico.
Non si tratta soltanto di un elenco di interventi, comunque poderoso e parziale rispetto a quanto fatto in questi anni. Piuttosto, proprio in questi giorni in cui la discussione sul DEF e sul suo contenuto si infiamma, questo intervento marca con forza la vera differenza tra il governo giallo-verde e il centrosinistra.
Da un lato un tentativo di redistribuzione di reddito, attraverso formule assistenziali e sconti (quando non regali) a precisi bacini elettorali di riferimento, che per la sua natura rischia di alimentare ulteriore ingiustizia sociale e stagnazione economica.
Una disponibilità di reddito, alimentata a debito (che quindi ci toccherà ripagare) e che andrà in parte in risparmio e in parte in consumi, alimentando flebilmente il nostro sistema produttivo e quello internazionale. Una nuova rapina a danno delle giovani e future generazioni.
Dall’altra parte invece un intervento di spesa pubblica (visto che i fan dell’argomento sembrano essere aumentati da quando si parla del famoso 2,4%) su beni pubblici (quindi di tutti e che restano nel nostro patrimonio) che coinvolge direttamente gli operatori economici del territorio, creando lavoro e benessere veri e concreti.
Una misura shock per una economia in difficoltà (tutte le opere sono cantierabili entro il 2019) per tornare a credere nel futuro del Piemonte mentre governo e amministrazione comunale di Torino stanno smobilitando tutto lo smobilitabile. La nascita di nuovi posti di lavoro legati agli interventi e di occasioni di sviluppo legate a nuova viabilità e a nuove strutture.
La differenza è tutta qua e non si gioca sul sì o no alla spesa pubblica o alla redistribuzione del reddito.
Il punto è aumentare la spesa pubblica a vantaggio di tutti e non di qualcuno, sia nel presente, sia nel futuro.
Creare occasioni di sviluppo economico e di lavoro per restituire dignità e opportunità alle persone e non gettare delle elemosina senza togliere nulla alle grandi concentrazioni di capitale ma sottraendo, ancora, risorse e futuro ai giovani, indebitandoli.
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