POPULISMO? COLPA NOSTRA
Per contrastarlo occorre partire dall’autocritica. E dall’alleanza per il progresso globale
Testo di Matt Browne (Fondatore del think thank Global Progress)
pubblicato da “la Stampa” – Traduzione di Carla Reschia
Nella lotta contro l’ ondata populista e autoritaria non c’è alcuna pallottola d’argento risolutiva. Sarà un lungo percorso che ci richiederà di cambiare rotta riguardo alla disuguaglianza, rispondere sinceramente alle preoccupazioni degli elettori, ricostruire e rinnovare il contratto e il capitale sociale, aggiornare e salvaguardare le istituzioni essenziali.
Senza dubbio il modo migliore per iniziare questo viaggio è valutare i nostri errori e pensare a come dobbiamo cambiare.
Non c’ è nulla di intrinsecamente virtuoso nella pratica politica tradizionale degli ultimi decenni, né in quella di centro-sinistra né in quella di centro-destra. Molti di noi non sono riusciti a stare al passo con i tempi nel modo di comunicare, di organizzarsi e impegnarsi. Quale che sia l’ approccio che adottiamo, bisognerà affrontare le legittime critiche all’ establishment politico.
In primo luogo, quando si parla di politica, le nostre piattaforme non possono essere completamente slegate dai desideri degli elettori. Dobbiamo rispondere con serietà, onestà e in modo esauriente alle preoccupazioni dell’elettorato sull’ immigrazione, l’ irresponsabilità dei potenti interessi che agiscono nel mondo degli affari o del settore pubblico e sulla rivoluzione tecnologica in atto.
Se prendiamo atto, ad esempio, che negli ultimi due decenni nell’ economia globale sono avvenuti cambiamenti epocali, è forse giunto il momento di accettare l’ idea che alcuni piccoli aggiustamenti alla politica economica e la riforma dello Stato sociale siano una risposta inadeguata.
Spesso ignoriamo che uno dei temi centrali della campagna di Trump era il lavoro. Che si sia o meno a favore del reddito di cittadinanza – io non lo sono – è giunto il momento di pensare in modo radicale a una nuova agenda economica di inclusione e responsabilizzazione.
Tutte le idee, compresa la garanzia del diritto al lavoro o all’ occupazione, dovrebbero rappresentare una gradita aggiunta a questo dibattito.
RIDEFINIRE IL PATRIOTTISMO
Allo stesso modo, le preoccupazioni sull’ immigrazione, l’ integrazione e la sicurezza hanno trasformato radicalmente la politica in tutto il mondo occidentale – sono state senza dubbio al centro del voto sulla Brexit in Gran Bretagna e dell’ elezione di Donald Trump negli Stati Uniti. Si può benissimo non essere d’accordo con la maggior parte degli elettori in materia di immigrazione e deplorare il modo in cui l’argomento è stato stravolto dagli estremisti e dalla stampa scandalistica – io sicuramente sono su questa posizione.
Ma è impossibile ignorarlo, tanto meno pretendere che al riguardo l’opinione pubblica sia agnostica. Arriverei a dire che è questa oggi la principale linea di frattura nelle elezioni occidentali. Resto del parere che si possa proporre una politica progressista di migrazione gestita.
Ma nel farlo dobbiamo partire dal reale orientamento delle persone, non da quello che vorremmo avessero, e dimostrare che abbiamo il controllo della situazione e abbiamo un piano. Attualmente gli elettori si sentono traditi dalla nostra posizione e dalla nostra retorica. Persino Emmanual Macron, forse il più eloquente sostenitore di una società aperta nell’attuale panorama politico europeo, ha dato un giro di vite alle leggi francesi sull’ immigrazione e l’asilo.
In secondo luogo, dobbiamo riformare la nostra politica. Per iniziare, dobbiamo smettere di essere condiscendenti e paternalistici. Parte dell’attrattiva della politica culturale è la percezione che le élite centriste siano troppo sbrigative nel respingere o etichettare alcuni elettori. Negli Stati Uniti gli ormai famigerati commenti dell’ ex presidente Barack Obama sulle persone che «si attaccano alle armi o alla religione» hanno contribuito alla convinzione che la società sia effettivamente divisa tra un’ élite condiscendente e la gente comune, proprio come sostengono i populisti.
Le argomentazioni secondo cui alcuni aspetti dell’ integrazione e dell’ assimilazione non stanno andando bene in alcune società occidentali – o che il cambiamento sociale e economico è troppo rapido – non dovrebbero essere automaticamente etichettate come razziste, bigotte o luddiste. Dobbiamo iniziare dal punto in cui si trovano gli elettori, prendere sul serio le loro preoccupazioni e trattarli con rispetto.
Abbiamo anche bisogno di sviluppare una nostra politica di identità inclusiva. Il senso di appartenenza a una comunità politica non è necessariamente una forma di bigottismo. Anche se i populisti autoritari sfruttano i sentimenti patriottici per ricreare un’ idea nostalgica di un passato più semplice e più puro, i politici tradizionali non dovrebbero rifuggire il patriottismo. Dovrebbero, invece, cercare di usare la stessa emozione per mostrare una visione positiva, tollerante, diversificata e inclusiva dell’ identità nazionale.
Vale a dire, dobbiamo rivendicare e ridefinire il patriottismo. I politici in gamba possono riscattare il patriottismo dai sovranisti. In terzo luogo dobbiamo rendere la società più democratica. Uno dei fattori che veicolano insicurezza e frustrazione nelle nostre società è la sensazione diffusa di aver perso il controllo della propria vita.
A questo risponde la promessa populista di togliere il potere a una élite corrotta o compromessa per affidarlo a un leader forte che governi in nome del popolo. Questa non è democratizzazione, però, ma un’ ulteriore centralizzazione del potere. La nostra risposta dovrebbe essere quella di democratizzare veramente il potere, di rimetterlo nelle mani delle persone.
Per dare loro un senso di controllo sulla propria vita, sul lavoro e sulla comunità. Si tratta di una vecchia agenda progressista, ma per troppo tempo non siamo riusciti ad applicarla. È ora che i progressisti sostengano il ruolo dei lavoratori nei consigli di amministrazione, sperimentino forme di democrazia locale, diretta e deliberativa, e promuovano forme appropriate di sussidiarietà in materia di polizia, istruzione e politica sanitaria.
Ciò richiede una visione coerente per riprogettare le istituzioni. Avendone l’ occasione, dobbiamo rafforzare le istituzioni, in particolare la magistratura indipendente.
Ma dovremmo andare oltre. Abbiamo bisogno di rinnovare altre istituzioni governative per adeguarle all’ era digitale. E occorre anche rendere il governo più trasparente e aperto e i servizi pubblici più sensibili ai bisogni di chi li utilizza.
L’ alternativa all’ autoritarismo In quarto luogo, le nostre politiche devono diventare globali. Naturalmente, la lotta per le peculiarità delle singole società europee e occidentali dev’ essere combattuta separatamente in ogni Paese. Né l’ Unione Europea né il Consiglio d’ Europa, tanto meno l’ alleanza transatlantica, possono essere di grande aiuto nel contrastare l’ autoritarismo nazionale e fornire un’ alternativa. Eppure, contro il potere del capitale in ambito nazionale è difficile per un governo misurarsi faccia a faccia in modo efficace con le multinazionali.
Allo stesso modo, il rafforzamento dei diritti dei lavoratori a livello nazionale non sempre garantisce che otterranno una quota più equa dei redditi.
Dal momento che molto a livello globale è in mano alle multinazionali, abbiamo bisogno di un’ azione internazionale multilaterale. Se questi organismi non ispirano più fiducia, dobbiamo rinnovarli.
Abbiamo bisogno di una Bretton Woods democratica per affrontare le multinazionali.
Molte delle soluzioni alle sfide economiche locali sono tanto globali quanto locali e lo stesso vale per la sicurezza, l’ immigrazione e l’ identità. La globalizzazione della nostra politica dev’ essere anche un progetto individuale e comunitario. Non ci sarà scampo da Salvini, Brexit o Trump fino a quando non capiremo e ci occuperemo del perché le persone hanno votato per loro. Come movimento globale, abbiamo bisogno di passare più tempo a capire il fascino dei populisti di quanto ne passiamo invece a criticarli.
Questo è un volo globale e nessuno di noi dovrebbe sentirsi solo. Salvini ha già annunciato la sua intenzione di creare una Lega delle leghe – un’ alleanza globale di populisti autoritari. Ha già la sua alleanza con la Russia Unita di Putin. Noi dovremmo rafforzare la nostra alleanza per il progresso globale. Se vinceremo questa battaglia, potremo ancora una volta essere il fondamento di un’ alleanza di democrazie in tutto il mondo.
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